ULTIMI TRENTA METRI (di Roberto Abutzu)
Piccolo paesino di mille abitanti
Ore 07:21
Maria si infilò la sua inseparabile giacca di pelle, afferrò la cuffietta di lana e frettolosa raggiunse la cucina: “Mamma…, corro in facoltà, sono in ritardissimo”.
L’anziana si ripulì le mani bagnate con uno straccio e baciò la figlia: “Dai, ancora tre giorni e questa l’hai finita una volta per tutte”.
“Sìììììììì”, urlò Maria alzando al cielo un pugno chiuso, “Fatta la tesi…, ai tropici dieci giorni con Marco”, afferrò rapida le due barrette energetiche che la madre le aveva riposto sul tavolo e uscì.
Corse per le scale, aprì il portoncino e venne colpita da un’aria gelata accompagnata da un vento ghiacciato: “Cazzo! Che tempaccio”, e raggiunse la sua piccola utilitaria parcheggiata sotto casa. L’accese e guardò l’orologio: “Tesoro, mia dolce automobilina, oggi non posso proprio farti scaldare, dobbiamo andare o non ci arrivo in università… ed è meglio tenersi buoni i docenti tre giorni prima”, e inserì la marcia partendo.
Cittadina di trentamila abitanti
Ore 07:34
Paolo in preda all’ansia richiamò Consuelo: “Dai! Dai! Ho cambiato il pannolino e gli ho messo pure la crema… sono in ritardo, mi sbraneranno in azienda!”, e giocherellò con il nasino di suo figlio, nato quattro mesi prima, facendolo ridere e sbraitare.
“Arrivo! Arrivo”, rispose la moglie che entrò veloce nella camera da letto, prendendo il neonato in braccio, “Dai… buono, è arrivata la mammina”, e volse lo sguardo al marito, come sempre elegantissimo, ben rasato e con quel profumo di acqua di colonia che dieci anni prima l’avevano fatta innamorare: “Ma mi spieghi chi cavolo ti sbrana se l’azienda è la tua?”, e gli si avvicinò baciandolo, “Vai, si sa mai che i tuoi dipendenti scioperino se il grande capo non arriva puntuale”.
Lui estrasse dalla giacca le chiavi della sua BMW, salutò e scese nel garage. Dieci minuti più tardi entrava nella statale a quattro corsie che l’avrebbero condotto alla sua azienda. Ripassò rapido tutti gli impegni di quella giornata: “E ci mancava solo l’acqua oggi”, sbuffò e afferrò nervoso il cellulare: solo un paio di messaggi, nessuna chiamata, lo ributtò nel sedile di fianco.
Percepì il rumore dei pneumatici aumentare, viaggiava ormai intorno ai centoquaranta orari e alzò leggermente il piede dall’acceleratore: “E chissà quando lo trovo il tempo di passare dal gommista”, e sbirciò quei cinque numeri maledetti, “Cinquantaduemila chilometri, merda, ne ho già fatto quattromila in più”, e, distratto da quelle cifre, dovette frenare più energicamente, delle luci lampeggianti e una quarantina di macchine in fila: “No! Cazzo!”, diede una manata rabbiosa al volante, “Non stamattina cazzo!”, e inserì le quattro frecce accodandosi.
Provinciale
Ore 07:52
“E che palle”, si lamentò Maria, “E non è possibile che due gocce d’acqua e si blocca tutto. Usate l’autobus se non sapete guidare”, passò furbescamente sulla destra un furgoncino e un Suv, ben incolonnati per potersi inserire disciplinatamente nella statale a quattro corsie.
Maria li anticipò: “Scusate ma oggi ho troppa fretta… e non siete certo voi a dovervi laureare tra 72 ore”, e, notando il rettilineo sgombro davanti a sé, accelerò bruscamente: “Macchinina, porta pazienza oggi… giuro che ti terrò sempre con me”.
Nel senso opposto, Maria le vedeva bene, nessun guardrail a separare i due sensi di marcia, le altre due corsie della statale erano stracolme di vetture in fila indiana, forse non superavano neanche i settanta quelli: “Che culo, qui è libera”, pensò Maria che osservò l’orario sul cruscotto. Si avvicinò al volante, doveva chiedere aiuto al suo amato e interagì con il suo iPhone appoggiato proprio davanti a lei sul cruscotto: “Hey Siri”, disse.
Un suono amichevole risuonò nell’abitacolo: “Manda un messaggio con WhatsApp a Marco.
“Cosa vuoi scrivere a Marco?”, chiese la dolce vocina del telefono.
“Amore mio, sono in ritardo. Trova quella di Inglese, tirale fuori una scusa e dille che sto arrivando… e poi volevo dirti che ho provato il costume nuovo, ti piacerà tanto… soprattutto levarmelo… Ti amo…bacio e arrivo”.
Statale
Ore 08:12
Paolo mollò un attimo il volante portandosi le mani in testa: “Ma perché oggi? Ho la riunione alle nove! Cazzo, cazzo, oggi non arriverò mai”, scalò in seconda, provò a osservare al di là dell’enorme autoarticolato che procedeva lento davanti a lui. Non vide molto ma gli parve libero: “Io non ce l’ho tutto questo tempo oggi!”, scartò a sinistra e buttò a terra tutti i suoi duecento cavalli.
Statale
Ore 08:13
Maria inserì finalmente la quinta marcia e si spostò senza mai decelerare nella corsia di sorpasso: “Ma che diavolo ci fanno le moto carrozzelle in questa strada”.
Statale
Ore… SOLO TRENTA METRI
Maria sgranò gli occhi incrociando quelli di Paolo a sua volta inchiodati sul suo volto: “Ma chi sei? E perché adesso mi fai questo?”, pensò lei.
Paolo non le rispose. Ma forse l’aveva udita: “No! E Consuelo? E mio figlio… cazzo ha solo quattro mesi”.
A Maria salì il sangue alla testa: “Non puoi… devo laurearmi io! E ho già comprato pure la casa con Marco… io”
ORE: SOLO VENTICINQUE METRI
Paolo non premette neanche il pedale del freno, non sarebbe servito: “Quanto sei giovane… e anche carina direi”, e notò che la ragazza che le stava andando incontro teneva una cuffietta in testa e la giacca allacciata. Forse il riscaldamento non funzionava in quella piccola auto. Non era più importante.
Ore: …VENTI METRI .
Maria si portò le mani al volto quasi a proteggerlo, che almeno quello restasse riconoscibile: “E la mia vacanza ai tropici? L’ho desiderata tanto…”, e neanche lei provò a frenare. Nessun tentativo di scartare quell’avversario. Non serviva… non più.
Ore: …QUINDICI METRI
Maria urlò disperata: “No! No! Marco… No!”, e in un centesimo di secondo i suoi occhi si posarono su quel dannato cellulare: “Sarà partito davvero il messaggio a Marco?”, almeno, un’ultima volta glielo aveva detto, lo amava.
Ore: …DIECI METRI
Le due auto avevano entrambe gli occhi tristi e dispiaciuti. Non erano freddi. Si stavano per unire, difficilmente qualcuno le avrebbe mai separate.
Anche i due conducenti, rassegnati si fissarono. Gli occhi dell’uno in quelli dell’altro: “E dire che bastava davvero poco per evitare questo”, rifletterono entrambi unendo le loro menti prima che fossero i corpi a farlo.
Ore: …CINQUE METRI
In fine Paolo e Maria si sorrisero. Cos’altro potevano fare? E a entrambi parve di conoscere bene la persona di fronte. Non ebbero mai il tempo di salutarsi, di verificare chi fossero, nessuna possibilità neanche di provare a farlo, trenta metri non erano sufficienti per tornare indietro e presentarsi.
Ore: …ZERO METRI
Due piccole sfere luminose si alzarono in cielo da quella statale. Volteggiarono brevemente sopra due auto accartocciate con intorno due ambulanze e una pattuglia della stradale.
Ruotarono sempre più rapide sino ad unirsi in un globo luccicante. E i soccorritori a terra giurarono di averlo visto quel globo.
Ore: …Spazio temporale inesistente
“Abbiamo portato a termine il nostro compito”, disse Maria.
“Sì!”, rispose Paolo, “Tutto andrà comunque avanti. Speriamo di aver aiutato qualcuno”.
E il globo luminoso salì nello spazio più profondo dove nessuno poté più vederlo ma solo ricordarlo.
Giorno Dopo
Los Angeles, Ospedale
Ore 04:12
L’ostetrica non appena udì il pianto, alzò fiera la bimba al cielo e dopo un bacio consegnò la nuova vita alla madre che pianse esausta.
Italia, Ospedale
Ore 04:12
Un pianto liberatorio si espanse in tutta la sala operatoria. Il neonato pareva incazzatissimo, e quanto si stava bene dentro la pancia… e che freddo che c’era là fuori.
La mamma se lo ripose al petto: “Figlio mio…”
Nota dell’Autore:
Non mettetevi mai nelle condizioni, e non mettete mai altri, di dover vivere gli ultimi trenta metri.
Roberto Abutzu
One Comment
Simona Murru
Giusto Roberto Abutzu…..GIUSTO 🙏